Intervista al dott. Antonio D’Avino, presidente F.I.M.P.
Quali sono gli obiettivi primari che si pone nel medio e lungo periodo per la F.I.M.P.?
Per Fimp è fondamentale rinforzare i fondamenti che hanno da sempre caratterizzato la pediatria di famiglia, ossia il rapporto di fiducia che si instaura sin dai primi giorni di vita con la presa in carico del neonato e la capillarità degli studi professionali sul territorio. Riteniamo altrettanto essenziale l’editoria: stiamo infatti ristrutturando il nostro sito per rendere la comunicazione ancora più chiara, trasparente ed efficace anche nei confronti dei colleghi sanitari.
Come si possono definire l’importanza e il ruolo del pediatra di famiglia nello scenario attuale?
Il pediatra si è notevolmente evoluto e diventerà una figura sempre più vicina alla famiglia. Oltre a questo, la nostra mission è fare prevenzione, educazione e promuovere corretti stili di vita, mantenendo la nostra peculiarità di medici specialisti che si occupano a tutto tondo di lattante, bambino e adolescente in uno stretto rapporto di prossimità con la famiglia. Nel corso dell’emergenza pandemica ci siamo poi resi conto che l’adolescente ha avuto difficoltà ad interagire con il proprio medico curante, pertanto è fondamentale individuare degli spazi dedicati negli ambulatori del pediatra di famiglia.
Cosa si può dire delle cure primarie?
Le cure primarie nei nuovi modelli organizzativi territoriali assumeranno un ruolo sempre più strategico: cambierà infatti la visione ospedalocentrica della Sanità e acquisterà maggiore rilevanza la prossimità, ossia il rapporto a livello territoriale, che connoterà ancora di più il pediatra di famiglia come “front office” del servizio sanitario Nazionale. Il pediatra di famiglia è la figura professionale che sa intercettare i bisogni assistenziali dei propri assistiti e, soprattutto in occasione dei bilanci di salute, ha la possibilità di interfacciarsi con la famiglia, prendendosi cura della crescita psicofisica del bambino affinché possa diventare un adulto sano.
Cosa cambierà nella rivista “Il medico Pediatra” con la nuova direzione?
Il nuovo direttore scientifico, Alessandro Ballestrazzi, darà continuità al proficuo operato di Valdo Flori, suo predecessore. Ballestrazzi ha condiviso con la Segreteria nazionale l’idea di implementare ulteriormente la pubblicazione di articoli monotematici nelle varie branche specialistiche. I numeri avranno un filo conduttore che lega i vari articoli e affronteranno i temi di maggiore attualità, quali i disturbi del neurosviluppo e le malattie croniche, quali obesità e asma, che possono beneficiare senza alcun dubbio di forme di monitoraggio a distanza.
La rivista si proporrà anche come uno strumento di lavoro oltre che come una risorsa culturale?
Certamente. Il pediatra del futuro ha bisogno non soltanto di formarsi ma anche di acquisire e capitalizzare un bagaglio esperienziale già dal corso della specializzazione. La rivista manterrà pertanto un approccio pragmatico e offrirà un’apertura alla ricerca, che troverà nel pediatra di famiglia un valido interlocutore, in grado di arruolare un gran numero di bambini per studi osservazionali, prospettici o interventistici.