La vitamina D rappresenta un vero e proprio ormone implicato nella regolazione dell’omeostasi fosfo-calcica, con particolare riferimento ai processi di mineralizzazione e di acquisizione della massa ossea. Oltre a queste classiche azioni “scheletriche”, la vitamina D esercita anche numerose azioni cosiddette “extrascheletriche”. Essa, infatti, contribuisce alla regolazione dell’espressione di oltre 1.000 geni implicati in numerose funzioni, fra cui la risposta immunitaria, la regolazione dei processi di crescita e differenziazione cellulare, i processi metabolici, ecc. 1. Alla luce di queste considerazioni, la promozione e il mantenimento di uno stato vitaminico D rappresentano importanti obiettivi di salute pubblica.
Il termine “vitamina D” viene utilizzato per indicare indistintamente due diverse forme presenti in natura: la vitamina D3 (colecalciferolo) di derivazione animale e la vitamina D2 (ergocalciferolo) di derivazione vegetale. L’uomo è in grado di sintetizzare vitamina D3 a livello cutaneo in seguito all’esposizione della cute alla luce solare e può introdurre con la dieta vitamina D3 e vitamina D2, presenti tuttavia in quantità significative solo in alcuni cibi, raramente consumati dai bambini (salmone, sardina, olio di fegato di merluzzo, alcuni funghi, ecc.). Pertanto, se non consideriamo gli alimenti fortificati artificialmente, fino al 90% dell’apporto di vitamina D deriva dall’esposizione casuale della cute al sole. Tutta la vitamina D dell’organismo (sia quella prodotta a livello cutaneo che quella assunta con la dieta) viene convogliata a livello epatico, dove viene convertita dall’enzima 25-idrossilasi in 25-idrossivitamina D [25(OH)D o calcidiolo]. Considerando che questa tappa di attivazione non è sottoposta ad alcuna ulteriore regolazione e che questo metabolita ha un’emivita di circa 2-3 settimane, il dosaggio dei livelli circolanti di 25(OH)D rappresenta l’unico modo universalmente raccomandato per valutare lo stato vitaminico D di un individuo, inclusi bambini e adolescenti.
Negli ultimi anni, numerose società scientifiche internazionali hanno intrapreso un acceso dibattito sulla definizione dello stato vitaminico D. Per quanto riguarda l’Italia, la Consensus sulla vitamina D in età pediatrica prodotta dalla Società Italiana di Pediatria, dalla Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale e dalla Federazione Italiana Medici Pediatri ha indicato i seguenti cut-off:
- < 10 ng/mL: carenza grave;
- < 20 ng/mL: carenza;
- 20-29 ng/mL: insufficienza;
- ≥ 30 ng/mL: sufficienza.
La 25(OH)D subisce una seconda tappa di attivazione a livello renale, dove l’enzima 1-alfa-idrossilasi sintetizza l’1,25-diidrossivitamina D (calcitriolo), un vero e proprio ormone che stimola l’assorbimento intestinale di calcio e fosforo per il mantenimento di una normale mineralizzazione ossea. In presenza di carenza di vitamina D, in particolare se associata a scarso apporto di calcio con la dieta, si instaura un iperparatiroidismo secondario con lo scopo di stimolare l’attività dell’1‑alfa-idrossilasi e, quindi, di mantenere i livelli di calcitriolo nella norma. D’altra parte, sia il paratormone elevato che il calcitriolo prodotto in questa situazione di carenza stimolano il riassorbimento di calcio dallo scheletro per mantenere la calcemia nella norma, con possibili effetti negativi sui processi di acquisizione della massa ossea. L’1-alfa-idrossilasi non è presente solo a livello renale, ma viene espressa (insieme al recettore della vitamina D) in tutti i principali organi e apparati dell’organismo, determinando una sintesi locale di calcitriolo responsabile delle numerose azioni extrascheletriche della vitamina D.