44
Da diverso tempo, in accordo con le raccomandazioni e gli indirizzi di agenzie internazionali come Unicef e OMS, il Ministero lavora per promuovere l’allattamento materno, per i suoi benefici sulla salute materno-infantile, sia a breve che a lungo termine. Benefici che tra l’altro implicano anche rilevanti risparmi economici per i servizi sanitari e la società. Il documento nazionale di riferimento è rappresentato dalle Linee di indirizzo nazionali sulla protezione, la promozione e il sostegno dell’allattamento al seno.
A tutela di questo obiettivo sanitario ed economico, l’allattamento con formule dovrebbe essere riservato a condizioni di reale e documentata controindicazione medica oppure per scelta informata della madre.
La salute della mamma in allattamento è fondamentale per quella del bambino e, in caso di malattia, può essere valutata l’opportunità di iniziare una terapia farmacologica o di non interromperla, qualora essa sia già in atto. Tuttavia, l’assunzione di medicinali da parte della donna che allatta solleva la problematica della sicurezza per il lattante, per i possibili effetti conseguenti al passaggio del farmaco nel latte materno.
I limitati dati sui rischi correlati all’uso dei farmaci in allattamento non sempre aiutano a decidere se l’atteso beneficio della terapia per la donna che allatta sia superiore al rischio di eventi avversi per il bambino. Pertanto un’informazione non adeguata può indurre un’inutile sospensione dell’allattamento o la rinuncia alla cura da parte della mamma, oppure il ricorso all’automedicazione e in particolare a terapie alternative (omeopatici, integratori, fitoterapici), che non possono essere intese come pregiudizialmente più efficaci e più sicure.
Si stima che tra il 65 e il 95% delle donne in allattamento assuma farmaci, il cui uso solleva la problematica della sicurezza in corso di allattamento.
Per quanto riguarda la situazione italiana, nel 2016 il Servizio di Informazione sui Farmaci in Gravidanza e Allattamento del Centro Antiveleni di Bergamo ha ricevuto 28.922 richieste di consulenza sull’uso dei farmaci in allattamento, per un totale di 41.903 farmaci. Le informazioni sono state richieste, nella maggior parte dei casi, dalle donne stesse (85% dei casi), dagli operatori sanitari (9%) e dai familiari (6%). L’età del lattante al momento della richiesta di consulenza è stata inferiore a 6 mesi nel 57% dei casi, tra 6 e 12 mesi nel 22%, tra 12 e 24 mesi nel 17%, mentre nel 4% dei casi è stata superiore ai 2 anni. Le richieste di informazioni hanno riguardato l’uso di farmaci nel 98% dei casi, mentre per il restante 2% si è trattato di informazioni su esecuzione di radiografie, uso di cosmetici ecc.
Tra i farmaci, al primo posto si sono collocati i farmaci antinfiammatori non steroidei (22%), seguiti da antibiotici (14%), gastrointestinali (14%), ormonali (5%), genitourinari (4%), cardiovascolari (3%) ecc. I farmaci attivi sul sistema nervoso centrale (SNC) hanno costituito l’8% del totale delle richieste e riguardato in particolare ansiolitici (49%), antidepressivi (29%), antiepilettici (12%) e antipsicotici (10%).
Sulla base dei dati di letteratura disponibili, i farmaci sono risultati compatibili con l’allattamento nel 91% dei casi (ulteriori informazioni sono reperibili nel rapporto 2016 del Centro Antiveleni di Bergamo).
Da quanto sopra esposto appare chiaro, quindi, come possa essere determinante la figura dell’operatore sanitario nel garantire alla donna che allatta gli strumenti appropriati per facilitare una scelta informata e consapevole.