Tutto è iniziato con Codogno, a fine febbraio 2020. Da un momento all’altro siamo stati esposti, adulti e bambini, a un bombardamento di immagini e di notizie drammatiche su varie reti televisive, radiofoniche e su Internet. Ricordiamo tutti la liturgia delle 18:00 di ogni sera, in cui l’allora capo della protezione civile ci elencava i numeri dei contagi, dei decessi e delle terapie intensive. Tutti a ricordarci che eravamo in pericolo di vita e da un momento all’altro ci siamo ritrovati blindati nelle nostre abitazioni, con le scuole chiuse e i genitori a casa (i più fortunati in smart working o in cassa integrazione). Se l’impatto è stato forte sugli adulti, provate a immaginare quanto questo abbia colpito le menti dei bambini e degli adolescenti. Improvvisamente la loro vita non esisteva più: gli amici, la scuola, lo sport, la socialità, tutto era bloccato. Solo le file dei camion con le bare viste in TV, solo notizie di familiari o di conoscenti che si ammalavano e morivano.