Care colleghe e cari colleghi,
questo è il primo numero de Il Medico Pediatra di quest’anno. Come sempre e in linea con il progetto editoriale che ci siamo dati due anni fa all’atto dell’assunzione di questa responsabilità, il numero è quasi monografico. Il tema è quello dell’ortopedia pediatrica e all’interno troverete una selezione di ottimi articoli che spaziano dalle fratture sovracondiloidee alla pronazione dolorosa, fino alla plagiocefalia. Troverete anche un articolo sui fitoterapici nella tosse e anche un articolo sulla Shaken Baby Syndrome, propedeutico a un progetto FIMP su questa drammatica e particolare forma d’abuso.
Ma, a differenza che nei miei editoriali precedenti, non mi dilungo sui contenuti. In questo inizio d’anno drammatici avvenimenti internazionali hanno occupato le cronache e le nostre coscienze. Mi riferisco al conflitto in corso nella striscia di Gaza. Senza entrare nel merito della genesi geopolitica del conflitto, che vede responsabilità complesse e attribuibili in varia misura a tutte le parti in conflitto, non si può rimanere indifferenti di fronte al fatto che è essenzialmente la popolazione civile a essere coinvolta con una percentuale elevatissima di bambini uccisi o feriti dalle bombe. Tutti abbiamo sotto gli occhi le immagini provenienti da quel lembo di Mediterraneo che può sembrarci lontano, ma che in realtà è drammaticamente vicino, così come sono vicine le rotte marittime lungo le quali perdono la vita innumerevoli migranti spinti dalla disperazione, tra cui molti bambini. E non dimentichiamo altre zone di conflitto, a partire dall’Ucraina per finire al Nagorno-Karabach, quest’ultimo un classico esempio di guerra ‘dimenticata’ ma sempre con il consueto accompagnamento di immagini raffiguranti profughi, in particolare donne e bambini. È una caratteristica delle guerre contemporanee quella di essere sempre guerre contro la popolazione civile, nel segno del terrore e della pulizia etnica.
Di fronte a questi drammi, noi pediatri non possiamo rimanere indifferenti. Abbiamo fatto la scelta di vita di stare dalla parte dei bambini, di tutti i bambini, non solo di quelli che vivono nei paesi come il nostro, risparmiato dalla violenza della guerra e dal dramma della fame e del sottosviluppo. Non sarebbe coerente girarci dall’altra parte e fare finta di non vedere. È necessario trovare un modo per fare sentire la voce dei pediatri italiani in difesa dei bambini costretti ad abbandonare le proprie case, resi orfani dalle bombe, straziati nell’anima e nel corpo. Glielo dobbiamo. Qualcuno senz’altro obietterà che tutto questo non serve a nulla e che la storia va avanti senza tener conto delle invocazioni e degli appelli. Eppure io credo che anche il solo fatto di opporsi faccia la differenza. Non è questione di salvarsi l’anima o più semplicemente di lavarsene le mani con qualche parola di circostanza, ma di stare nella verità e non lasciare che le tenebre di questi tempi prevalgano e offuschino il nostro giudizio. Come è stato detto, è la verità che ci renderà liberi.