Viene il momento in cui non si può più girare la testa e dire “io non sapevo“.
Il momento è arrivato per tutti con la foto del piccolo Aylan, del suo corpo senza vita, su tutti i media e nessuno ha più potuto girare la testa dall’altra parte. C’erano state altre foto tremende, di centinaia di corpi gonfi restituiti dal mare, di uomini e donne urlanti che tendevano le mani. Le nostre coscienze addormentate non reagivano più.
Aylan era solo in mezzo alle onde, poteva essere figlio, fratello, nipote di tutti; era lì vicino agli ombrelloni, in una spiaggia che vede corpi al sole, vacanze ignare e felici. Aylan era solo e non c’era più niente da fare.
Era colpa mia, nostra, vostra, di tutti ed è stato un colpo allo stomaco, come l’urlo della bambina vietnamita colpita dal napalm tanti anni fa, come gli occhi sbarrati e le montagne di corpi dei campi di Auschwitz. Non si può più distogliere lo sguardo: Aylan è là che ci aspetta su quella spiaggia. Ci aspetta la verità di una umanità che troppo spesso è indifferente al dolore e alla morte degli altri.
Soprattutto noi pediatri che curiamo i bambini, che ci proclamiamo difensori dell’infanzia, che difendiamo la vita, noi non possiamo più distogliere lo sguardo. Ma non è sufficiente dire Basta!
Dobbiamo dire e far capire che noi ci siamo! Dobbiamo dire che siamo con quei bambini con quei padri e quelle madri! Dobbiamo dire che questa è una nostra battaglia : noi siamo con loro, quelli che vengono dalla fame e dalle guerre, pronti a offrire la nostra assistenza come già fanno tanti Pediatri di Famiglia nelle Regioni in prima linea nell’arrivo dei profughi.
Perché questa deve essere la Premessa della nostra Convenzione: tutti bambini sono uguali senza distinzione di razza, colore della pelle, religione, paese e hanno tutti gli stessi diritti. Il Pediatra svolge il proprio lavoro in una Europa libera e senza confini.
Perché Aylan è ancora là su quella spiaggia, per sempre.
Che nessuno possa dire “io non sapevo“.